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lunedì 18 giugno 2012

Alberto Giacometti


Quando ho studiato per la prima volta la scultura di Giacometti ho pensato che fossi di fronte al solito artista ossessionato dal sesso che normalmente andava di moda in quegli anni in Europa e,com'era doveroso,con una certa influenza da Dalì,avrebbe reso qualunque concetto astratto,simbolista e sospeso nel mondo paranoico ossessivo.
Presto mi resi conto che così non era,o meglio,lui era più di questo soprattutto quando,preso dall'esigenza di trovare un linguaggio personale che non fosse più associato a quello di Breton,si allontana dalla cerchia surrealista.
Probabilmente la morte del padre è un elemento decisivo nella sua scelta artistica che lo allontanerà dal mondo di Dalì e lo porterà vicino ad una scultura esistenziale,la quale mi ha conquistata completamente,e non a caso rientra nella sua produzione così detta "della rinascita".
Dopo aver sperimentato il moto umano in "Uomo che cammina" e "Uomo che attraversa una piazza" Giacometti propone un'idea opposta con "Uomo che cade" in cui il disequilibrio porta ad un momento drammatico che non induce a ridere (come dovrebbe classicamente),ma sottolinea la pericolosità di questo momento che è palesemente ispirato da Rodin.
Questa opera mi riporta alla tematica di Pirandello ovvero il banale che fà ridere alla comunità,ma che nasconde il dramma dietro il sipario teatrale e che porta a riflettere le stesse persone che istintivamente hanno provato ilarità senza capire il movente di ciò che muta sotto i propri occhi.
Tema ancora presente nella nostra società,ma che stà cambiando i connotati e che ci porta a riflettere su molte cose,su molte scelte "bizzarre" ai nostri occhi che in realtà nascondono motivazioni profonde e più logiche di quanto possiamo immaginare.Chi non parla la nostra lingua o non aderisce a comportamenti socialmente riconosciuti il più delle volte viene visto "strano" o pericoloso,invece potrebbe trattarsi semplicemente di qualcuno che sta "per cadere" e tenta solo di rimanere in piedi.
Rifletterci non nuoce...
 


domenica 3 giugno 2012

Virgilio Eurisace

Camminare per Roma ha sempre il suo fascino,anche agli occhi del turista d'oltreoceano che non può non rimanere estasiato dalla bellezza ancora viva delle sue rovine che suo malgrado rimangono tali,anche andando in giro con una buona guida di Lonely planet sotto mano,ma che mai potrà rendere una reale idea di ciò che fu.
Altra cosa è conoscere Roma,guardarla con gli occhi di chi per dedizione o per passione approfondisce sui libri gli aspetti ai più ignoti...bhè lì si apre un altro mondo ancora più affascinante di quello che ci si aspetti.E così scopri che quel curioso cubo pieno di buchi che lo avvicinano (e di molto)ad una groviera gigante che si trova a Porta Maggiore altro non è che il sepolcro di un famoso panettiere vissuto nel I sec A.C. il quale lavorava per lo Stato e,vista la magnificenza della sua personalissima tomba di famiglia doveva aver fatto parecchi soldi quando ancora non c'era divieto di sepoltura all'interno della città.Questo sepolcro testimonia l'evoluzione dell'arte plebea,o meglio testimonia la scalata sociale di chi dal lavoro delle proprie mani ottenne incarichi importanti dallo Stato,da quella Repubblica ormai al tramonto che lasciava la scena ad un periodo lunghissimo quale fu l'impero.
Illustre esempio di scalata sociale al tempo della Repubblica era già stato fornito dal grande generale Mario,acerrimo nemico di Silla,divenuto esempio militare per tutta Roma,lui che arrivava dalle cariche più umili,dimostrò che un uomo senza "agganci"politici o favoritismi senatoriali poteva ottenere un suo posto in politica grazie alla propria personalità,coraggio,e strategia militare.
Se penso ai nostri giorni,a quanta diseducazione accresce credenze popolari tra i più giovani per cui se non "conosci" o non hai la raccomandazione,non lavorerai in quel magnifico posto o in quell'altro,mi viene in mente l'esempio di questi uomini vissuti nella grande Roma che vissero gli stessi pregiudizi,forse ancor più radicati di oggi ,ma che riuscirono a scardinare questi preconcetti con la loro forza. 
Le "spintarelle" sono sempre esistite,non si può negare l'evidenza,ma vanno bene per chi si accontenta del qualunquismo medio.
Per coloro i quali è importante la dignità del proprio animo ,l'esempio di questi grandi uomini non sarà vano...